La Locandiera. Esprit de pomme de terre

12,00

Liberamente ispirato a La Locandiera di Carlo Goldoni

Con Ivan Graziano,  Maria Chiara Pellitteri, Norman Quaglierini, Andrea Saitta

Il lavoro si concentra soprattutto su due aspetti: il passaggio dalla Commedia dell’Arte al Dramma Borghese, che Goldoni inizia proprio con la Locandiera…

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Descrizione

24 febbraio | ore 20.30

Spettacolo vincitore del premio internazionale di regia “Fantasio” 2017
Liberamente ispirato a La Locandiera di Carlo Goldoni

Testo e Regia Andrea Saitta
con Ivan Graziano,  Maria Chiara Pellitteri, Norman Quaglierini, Andrea Saitta
Scene e Costumi Alessandro Bruno
Ricerca musicale Andrea Saitta

“La locandiera – Esprit de pomme de terre”, scritto e diretto da Andrea Saitta, è un libero adattamento della commedia di Carlo Goldoni. Il lavoro si concentra soprattutto su due aspetti: il passaggio dalla Commedia dell’Arte al Dramma Borghese, che Goldoni inizia proprio con la Locandiera, e di conseguenza la scoperta della psicologia dei personaggi che non sono più legati all’improvvisazione e allo stereotipo delle maschere, bensì al percorso emotivo segnato da un testo stabilito. L’obiettivo è quello di rappresentare “La Locandiera” partendo dal corpo inserendo il mimo, la danza e il clown teatrale. Lo spettacolo, infatti, si sviluppa in una serie di scene, dal ritmo molto serrato e dalla linea comica che, con precisione matematica, rapisce lo spettatore portandolo all’interno di un mondo fatto di silenzi, sguardi e risate. Il Marchese nel primo atto di questo libero adattamento dichiara, ridendo: “Una Mirandolina muta! Ma non oserebbe tanto neanche il più spettinato dei capocomici in teatro”! Tuttavia, la chiave di lettura del regista è proprio lì: Mirandolina infatti, senza dire una parola, conserva ugualmente quelle caratteristiche per le quali questo personaggio è passato alla storia, vale a dire la sua forza e l’indipendenza tipica di una donna moderna. Nonostante ciò, resta immutata invece la trama del capolavoro di Goldoni, nel tentativo di far rinascere un grande classico italiano rivisitato in chiave contemporanea. Lo spettacolo si apre con la presentazione danzata e mimata dei vari personaggi: il regista ha voluto dare la possibilità allo spettatore di confrontare cosa questi erano nei canovacci della Commedia dell’Arte e cosa sono diventati nella commedia di Goldoni; quindi Fabrizio era uno Zanni (Arlecchino nella nostra immaginazione), Mirandolina era Colombina, Conte e Cavaliere erano due Capitani e il Marchese era Pantalone. Successivamente, come sappiamo, tutti iniziano a corteggiare Mirandolina cercando in qualunque maniera di prevalere sugli altri. Grazie ai costumi di Alessandra Bruno, tutti i personaggi, durante lo sviluppo dello spettacolo, subiscono diverse trasformazioni. Nel tentativo di atteggiarsi prevaricando gli altri, i nobili diventano dei galli che lottano tra di loro per la mano di Mirandolina, mentre lei, per far innamorare il Cavaliere, si trasforma in un pavone e finge di svenire per farsi soccorrere. Succedendosi le scene, cambiano i codici di rappresentazione.  Nella scena di Dejanira e Ortensia, ad esempio, il regista ha tradotto su piani d’ascolto orizzontali – con quattro attori – il dialogo che nel testo originale avviene nella locanda, tra sette personaggi. In tal modo, i doppi personaggi Marchese/Dejanira, Conte/Ortensia, Fabrizio/Cavaliere, rendono la scena un lungo dialogo comico pieno di gag e inciampi costruiti ad arte. Nel finale, dopo una rocambolesca lotta tra il Conte e il Cavaliere, Mirandolina entra con un vestito da sposa, pronta a sposare Fabrizio, ma quando lui va per prenderle la mano, lei sfugge nuovamente. Il vestito da sposa infine, diventa il cappello di una grande maschera della Commedia, creata con i corpi degli attori che, a poco a poco, si sgretola a simboleggiare la caduta della Commedia dell’Arte con l’arrivo del Dramma Borghese

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